• Unico: un gamay diverso da tutti gli altri

     

    Originario della Borgogna, il Gamay è un incrocio tra il Pinot Nero e il Gouais B. (un vitigno ormai in disuso).

    Le prime fonti che citano il Gamay risalgono al basso medioevo, ed allora era il vitigno più comune in Borgogna. Nel 1395 il duca di Borgogna “Filippo l’ardito” proibì la coltivazione del Gamay per favorire la produzione del Pinot nero, considerato allora più nobile e adatto alla produzione di vini di qualità.

    L’idea iniziale di mio padre (1997), avendo desiderio e possibilità di impiantare due nuovi ettari di vigneto, era quella di usare solo vitigno Malbec ma contattando il suo vivaista preferito (Pépinières Guillaume) venne dallo stesso esortato, pur convalidando la scelta del famoso vitigno bordolese, a piantare in uno dei due ettari il Gamay, perché a suo dire la nostra posizione microclimatica ci avrebbe permesso di ottenere fantastici risultati con questo vitigno. Mio padre, da sempre desideroso ad affrontare le sfide più difficili, ne fu preso totalmente e decise di seguire il consiglio di Pierre Marie, piantandone un ettaro.

    Il nome “Unico” del nostro Gamay (non vogliamo essere presuntuosi) è appropriato perché nella maggioranza dei luoghi in cui viene vinificato si vuole ottenere dei vini basati sulla freschezza e non sulla struttura e di conseguenza non viene fatto affinamento in fusti di rovere, mentre noi vogliamo ottenere (e ci riusciamo con questo grande vitigno) un vino che non ha niente da invidiare ai più ben noti e nobili vitigni di Bordeaux e della Borgogna.

    I sentori predominanti sono pepe nero, mora, amarena, tabacco e cioccolato fondente, la struttura è complessa ma non invadente, finale caldo e rotondo senza però apparire stucchevole.

    Tra le annate recenti apprezzo molto la 2016, tra le annate più vecchie la più interessante che ho assaggiato è la 2006, la quale ha un tannino veramente rotondo e vellutato e ancora non ha raggiunto il suo apice.

    Per chi vuole ulteriori informazioni, questo è il link per accedere alla pagina web dell’Unico.

  • Syrah: Un vino espressivo con una consistenza titanica

    Il Syrah è certamente uno dei vitigni più conosciuti e più amati al mondo; schiere di winelovers farebbero qualsiasi cosa pur di avere una grande bottiglia di Syrah.

    Quando mio padre decise di impiantare il primo ettaro di Syrah aveva in mente di creare un vino di grande consistenza, unico tra i tanti nel suo genere. Uno dei segreti per fare un Syrah degno di questo nome è dato dalla scelta e dall’uso sapiente della barrique, la quale necessita di molte attenzioni per dare grandi risultati.

    Tra tutti i nostri vini, il Syrah è uno i quelli più premiati dalla stampa specializzata: nella prima guida dell’Espresso, fra lo stupore di tutti, il Syrah 1999 fu giudicato il terzo miglior vino d’Italia e il migliore della Toscana. E’ un premio di cui io e mio padre andiamo fieri, considerando l’importanza di allora delle guide ( le quali oggigiorno, ahimè, hanno un’importanza e un’autorevolezza molto inferiore al passato).

    Color rosso rubino intenso, i sentori più evidenti sono quelli di mora e ciliegia durone. La mia annata preferita è la 2008, un vino strutturato con profumi molto intensi, di grande potenza e viscosità dal finale lungo e piacevolmente persistente. Sono sicurò che un vino così potente e con una concentrazione così favolosa durerà almeno fino al 2030.

  • Sassoforte: pugno di ferro in guanto di velluto

    Cabernet Sauvignon, a mio parere il vitigno più importante del mondo. La dilagante retorica autoctona lo definisce “non tipico”: spesso viene criticato di fare vini troppo simili anche se piantato in diverse zone del mondo,  di non rispettare insomma il “terroir” (utilizzando questa parola quasi sempre a sproposito). E’ sicuramente vero che sono maggiori le zone in cui si riesce ad aver un buon Cabernet Sauvignon rispetto a quelle per un buon Ciliegiolo, ma è anche vero che i vini a base di Cabernet Sauvignon della Napa Valley, della Nuova Zelanda, di Bordeaux e della Toscana hanno identità molto diverse tra loro avendo in comune solo la cosa più importante: sono tutti vini buonissimi.

    Come penso il lettore abbia capito, provo un immenso amore per questo vitigno, ultimamente un po’ bistrattato ma dalle potenzialità pressoché infinite.

    Mio padre, viste le condizioni pedoclimatiche dei nostri vigneti, decise di creare un vino 100% Cabernet Sauvignon. Una scelta ardita ma che ha riscontrato un grande successo, con la realizzazione di un prodotto unico ed inimitabile.

    Il nome Sassoforte è stato preso dalla villa di famiglia (chiamata così perché costruita su un grosso macigno), un nome evocativo che per noi significa molto. Una  ulteriore particolarità del Sassoforte è l’etichetta, veramente bella e d’impatto.

    La caratteristica principale del Sassoforte è la sua imponente struttura che però si armonizza molto bene con le altre proprietà del vino, senza risultare tannica ed aggressiva: un vero e proprio “pugno di ferro in guanto di velluto”. I sentori più evidenti sono quelli di ribes nero e liquirizia, seguiti da pepe, cannella e mirto.

    Tante annate storiche mi hanno impressionato ma l’ultimo ( dopo 10 anni risentiamo/degustiamo per un giudizio finale  un vino oramai ” maturo”) Sassoforte 2009 mi ha particolarmente stupito per la sua ” enorme ” eleganza.

     

    P.S. Non so quando scriverò un nuovo articolo ma prometto che non farò passare 3 mesi come con il Malbec!

     

    Sasha Fossi

    Vigna Cabernet Sauvignon2

    Vigna Cabernet Sauvignon